Ieri si è sottolineata la centralità della parola “grazia”.Oggi – ma in realtà già da ieri – ad essa è accostata la parola “sollecitudine”. E’ una sollecitudine che deriva proprio dalla grazia, e si contrappone al pericolo della pigrizia, nei riguardi della quale diversi testi ci mettono in guardia (si può considerare anche la parabola dei talenti “Servo pigro e malvagio”. E’ la stessa sollecitudine che spinge Maria, dopo avere ricevuto il dono di grazia per l’annuncio dell’Angelo, a andare a visitare Elisabetta.
Al v. 16 si dice che è Dio stesso che infonde la sollecitudine nel cuore. Anche essa è prima di tutto dono di Dio. Ma questo dono è chiamato a fiorire e crescere nella nostra vita, attraverso l’esortazione/ incoraggiamento dei fratelli (v. 16) , e attraverso la fiducia che si può riporre in loro (v. 22). Anche la designanzione da parte delle chiese è tutta dentro a questo dar spazio alla sollecitudine; è davvero una grande coralità che si forma intorno al dono di Dio.
Paolo non solo è attento alla colletta in sè e a svolgere bene la sua diaconia davanti a Dio, ma anche verso chi potrebbe trovare motivo, anche ingiustificato, di biasimo (v. 21) E’ interessante come questo promuove una condivisione dalla sua diaconia, in una profonda compartecipazione “ecclesiale”.
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Di: mapanda
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